In un tempo antico e lontano, quando in questo spazio c’era ancora l’eco di una sartoria, e tutto intorno mille fonti d’acqua e mulini e lavanderie….
Quando questo quartiere era un’enorme distesa di grano prima della ferrovia, prima della FIAT, prima della metropolitana, quando qui c’erano solo case e vasche e campi..
Una strana creatura ha trovato riparo in un piccolo angolo di paradiso.
In Via Tepice 23, nel quartiere Nizza Millefonti di Torino, c’è un posto con un cortile che ti sembra di essere al mare. Un piccolo angolo di paradiso, che ha accolto la Scuola di Teatro Sociale e di Comunità di base per l’intero anno 2017/2018. Si tratta della Casa del Quartiere Barrito, un luogo di cui in un anno abbiamo imparato a conoscere i volti che lo abitano e lo attraversano tutti i giorni. Gianluca dalla lunga barba bianca, Bobo che regge le sorti del ristorante, Marco e Katia che volteggiano leggeri tra i commensali, Silvia la cuoca, Mina che cura la biblioteca e le docce, Alberto che ci viene sempre in pausa pranzo dal reparto psichiatrico delle Molinette. Una comunità unita dalla passione per la musica (dai Fratelli di Soledad a Battisti, dai Soundgarden a Tom Waits) e da un modo informale e ospitale di accogliere chiuque capiti a passare di lì.
Il Barrito sorge in un quartiere lontano dal centro, circondato da tre ospedali, dove la fruizione culturale è resa difficile dalla mancanza di un tessuto associativo ricco e la popolazione è composta in grand parte di anziani o famiglie. Per questo, i conduttori del laboratorio di TSC di base – Lorena La Rocca e Fabrizio Stasia – hanno scelto come evento finale del percorso il format della performance itinerante, che portasse il Barrito fuori dal Barrito, a dialogare con gli abitanti del quartiere affacciati ai balconi, alle porte dei bar, alle finestre degli uffici. Una parata colorata con le tinte della casa del quartiere – giallo, rosso e arancione – che si è conclusa con un grande pranzo sociale condiviso nei giardini Gaboto, una piazza poco frequentata e considerata abitualmente un luogo insicuro. Il 3 giugno, la piazza si è trasformata in una stupenda sala da pranzo a cielo aperto: festoni, tavole imbandite e palloncini ad accogliere gli abitanti del quartiere.
La scelta della data del 3 giugno è dovuta alla decisione di far rientrare l’evento all’interno della programmazione delle Domeniche con il Barrito!, una serie di giornate per stare insieme, ritrovarsi ad ascoltare della musica o a fare un workshop per adulti e bambini.
Attori e coro hanno seguito in parata le orme di “Barrito”, un enorme elefante rosso giallo e arancione costruito dal gruppo di scenografia del Laboratorio TSC, simbolo della casa del quartiere e dell’innovazione culturale che vuole portare. L’intreccio del copione della performance deriva dalla fiaba scritta da una delle allieve del laboratorio, la scrittrice Maria Varano: una storia che rieccheggia quella di “Elmer l’elefante variopinto”, ma che si cala nella realtà della casa del quartiere:
Veniva da una terra lontana in cerca di un rifugio per quelli che, come lui, non potevano stare alle regole del Circo: camminare su di una fune d’acciaio, sospesa tra due pali, con un ombrellino tenuto con la proboscide, non faceva certo per lui…spaventato, deluso, stanco, si presentò qui.Con la sua grande proboscide aprì il cancello e gli parve di vedere una casa! Una casa con il sole dentro, una casa nascosta come le perle, tra palazzi, e ospedali e strade rumorose. Un’oasi di pace con strani esseri umani affaccendati che senza nemmeno un sussulto accolsero anche lui.