Il racconto di Paola Galassi, operatrice di SCT impegnata nel progetto #100%plastica.
L’evento di Hawassa 100% Plastic Free è stata una grande scommessa, della quale non riuscivo ad immaginarmi i possibili risultati. Verrà troppa gente? Ne verrà troppo poca? Basteranno le magliette? Coca-cola ci darà i tavoli e le sedie? O solo le bibite? O non ci darà le bibite, ma ci porterà gli ombrelloni?
– “No, purtroppo di 5 sedie e 10 ombrelloni non ce ne facciamo niente, vogliamo i tavoli. Ah… ci offrite le bibite ma solo se prendiamo la plastica invece del vetro? No, guardi, il nostro evento si chiama 100% Plastic Free….”
– ” La benzina ce l’abbiamo?”
– “Si, va bene, facciamo la partita di basket all’inizio, dato che si allenano nello youth center, ma la dimostrazione di Taekwondoo la possiamo evitare…”
– “Allora, arriva il minibus, porta le casse allo youth center, poi prende i giornalisti, poi torna qui, i ragazzi lo tappezzano di locandine, Ashenafi si arrampica e monta il generatore piccolo sul tetto, intanto Abuka riporta tutti i caricatori da casa sua (li ha caricati lui perché nel suo quartiere ha la luce).”
Ebbene sì. A due giorni dall’evento una cabina di elettricità esplode e lascia senza corrente il quartiere dell’ufficio, il quartiere dello youth center scelto per l’evento e il quartiere di casa mia. E’ una corsa all’elettricità e alla benzina per nutrire i due generatori necessari a far funzionare tutto il programma pianificato.
Non mi lascio prendere dal panico e cerco di gestire i miei collaboratori ed il gruppo secondo lo stile che mi contraddistingue: mappe grafiche per organizzare spazi e responsabilità, riunioni in cerchio sulla tela cerata distesa in giardino, briefing con i miei Community Mobilizer per passare nuovamente a loro, passo passo, il coordinamento del gruppo di lavoro.
Nel mio percorso di conduttrice di gruppi e cooperante, la metodologia non è solo una pratica che applico, ma un atteggiamento mentale e relazionale che è oggetto di continua ricerca e sperimentazione e che mi spinge a trovare modi creativi e partecipativi di gestire anche le questioni logistiche.
L’intero staff di CIFA Hawassa, nella settimana precedente all’evento, si mette a nostro servizio. Questo è un bene, perché, come ovunque nel mondo, un evento non funziona senza pubblico ed il pubblico va chiamato, informato, a volte rincorso, altre corteggiato. Ci dividiamo le responsabilità sugli invitati: il project coordinator si occupa di istituzioni e autorità, gli economic experts gestiscono le associazioni di collector, di pescatori e dei marinai, noi ci occupiamo delle scuole, degli youth center e del nostro gruppo di giovani artisti che, intanto, si è dato un nome ed un’identità precisa: PAT – PLASTIC AWARENESS TEAM .
Il 22 Dicembre, in una bellissima giornata di sole, finiamo gli ultimi preparativi e raggiungiamo Fiker Hayk, l’ingresso al lago e il luogo di ritrovo principale di Hawassa, ma lo troviamo pieno di tifosi di calcio e siamo obbligati a spostarci alla rotonda poco più avanti. I gruppi di studenti liceali e universitari sono già presenti, complice il fatto che abbiamo promesso le magliette solo a chi sarebbe arrivato in orario.
Cominciamo a confrontarci con gli studenti rappresentanti delle varie scuole che abbiamo nominato, consegnando loro le magliette e imparando la prima grande lezione di questo evento: se si distribuiscono beni gratuiti in una situazione del genere, bisogna avere i mezzi e l’organizzazione necessaria per gestirla. A causa della distribuzione delle magliette a inizio parata e di acqua durante il cammino, abbiamo avuto momenti di tensione che non avevo previsto: ho visto le persone diventare violente ed ho dovuto richiedere l’intervento dei poliziotti che ci accompagnavano. Ma superato questo scoglio, ci siamo mossi nelle strade principali della città come un fiume blu gioioso ed orgoglioso: i collector, nelle loro tute e alla guida delle nuove ape car donate da CIFA e inaugurate a inizio parata, apparivano uniti e fieri della loro nuova categoria, mentre gli studenti tenevano con noi gli striscioni e si lasciavano trasportare dal gruppo di attori, che ha intonato cori, ritmati dalle bottiglie di plastica, ed ha messo in scena danze e flash mob.
Arrivati allo Youth Center in più di 300, le attività del pomeriggio si sono susseguite nelle diverse aree del centro con grande interesse e partecipazione dei più giovani: mentre in una sala interna si replicavano workshop scientifici sulla plastica condotti dagli studenti universitari coinvolti nel progetto, nello spazio principale avveniva la premiazione della partita di basket con le medaglie di Hawassa 100% Plastic Free e lo spettacolo teatrale dei nostri attori, con l’intervento speciale dei collector in scena.
L’evento si è concluso con il contest musicale “Sound of the Earth”, durante il quale 5 musicisti e gruppi musicali locali si sono esibiti di fronte al pubblico e ad una giuria scelta, portando un pezzo inedito a tema.
E’ stata la mia prima esperienza di gestione di un evento complesso e sicuramente non è stato facile; nella mia scaletta avevo inserito un momento performativo, un mio “dono” ad Hawassa – al pubblico, ai miei attori, ai miei colleghi e agli amici presenti. Al momento atteso, le mie energie erano basse e l’umore molto diverso da come qualcuno vorrebbe sentirsi prima di entrare in scena. Ma un collega mi ha invitato a non rinunciarci e così, dopo essermi infilata una felpa di 5 taglie più grande di me, ho cantato il mio RAP ecologico. Finiti i miei 3 minuti, ho messo via la felpa e sono rientrata nei panni dell’organizzatrice.
Mi sono ricordata di quando studiavo teatro ed il mio maestro mi diceva che un bravo attore è in grado di entrare ed uscire dallo “stato” attoriale con facilità, fluidamente.
L’evento è finito al buio, perchè le luci non hanno retto o il generatore non ha retto le luci, ma il bello è che ho acceso la torcia del cellulare e poi l’hanno accesa altre persone e siamo andati avanti così, premiando i vincitori del contest, mettendo la musica, ballando, consolando un bambino che piangeva, litigando e facendo pace mentre i cavi dei microfoni si confondevano uno con l’altro.
Il nostro evento ha avuto grande eco: è stato riportato da radio e televisioni locali e nazionali. Nelle strade attorno all’ufficio ed allo Youth Center io divento ufficialmente “la farenji (la donna bianca) della plastica”. Anche lo staff CIFA Onlus ed i nostri artisti sono sempre più un riferimento per la lotta contro la plastica e l’inquinamento nella comunità di Hawassa.