Pensare diverso dalle abitudini, vedere diverso dai propri soliti occhiali. In modo semplice e straordinario questo è uno degli elementi di salute più preziosi che la cultura e l’arte possono promuovere.
L’enorme valore del patrimonio culturale europeo ha un significato per la salute dei suoi cittadini? Una riflessione di Alessandra Rossi Ghiglione, direttrice del SCT Centre (Social and Community Theatre Centre) e del Master di Teatro Sociale e di Comunità dell’Università di Torino, elaborata in occasione dell’Anno Europeo del Patrimonio e scritta per Il Giornale delle Fondazioni.
L’enorme valore del patrimonio culturale europeo ha un significato per la salute dei suoi cittadini?
La domanda riguarda non tanto la strumentalità della cultura e dell’arte ai fini della promozione di stili di vita sani, ma ben più profondamente il senso di un’alleanza di pensiero e di azione tra i mondi della salute, della cultura e dei diritti, che incida in modo reale e costante sulle opportunità di salute e sulle capacità di salute dei singoli e delle comunità generando – con l’ingaggio delle politiche, dei movimenti di base, delle istituzioni private e pubbliche – processi sociali ed economici virtuosi permanenti.
La vastissima quantità di pratiche culturali e artistiche coinvolte in processi sociali e di salute – che utilizzano una varietà di linguaggi dall’arte alla danza, dal teatro alla musica, dalla letteratura alla poesia – agisce in modo diversificato nei mondi della terapia, della cura, della promozione della salute, del supporto psicosociale e mentale, della formazione degli operatori e dei caregiver.
La letteratura scientifica ha avviato da tempo analisi qualitative che evidenziano correlazioni significative tra esperienza culturale e artistica dei soggetti, benessere soggettivo percepito, qualità sociale e dei legami, aspettative di vita. Anche alcune interessanti analisi quantitative, in prospettiva epigenetica, avvalorano le evidenze di un impatto reale sulla salute dei soggetti.
Ma l’interesse più rilevante non è sull’efficacia dell’esperienza culturale e artistica nel generare benessere, dato che di per sé mostra una crescente evidenza e rimane allo stesso tempo difficilmente misurabile in sistemi valutativi per lo più estranei alla natura dei processi sistemici e complessi messi in atto dall’esperienza culturale.
Il dato più importante riguarda piuttosto come nell’esperienza culturale e artistica avviene la creazione del valore ‘salute’.
La cultura e l’arte creano salute quando si riferiscono alla loro natura profonda di esperienze antropologiche fondamentali radicate nella logica del dono, della relazione, del lateral thinking e della creatività, e soprattutto della partecipazione.
L’esperienza culturale e artistica si situa fuori dalla logica economica che attribuisce un valore misurabile alle esperienze e ai prodotti. Nella cultura e nell’arte l’uomo fa innanzitutto esperienza – sia nel crearla che nel fruirla – di bellezza e di valore non misurabile. L’opera – fatta dall’uomo e fruita dall’uomo – è un dono di senso che non si può pagare e che dialoga con le molte parti di noi, con la storia e le storie di sé che ogni persona porta, e costruisce così quella identità narrativa plurale, che è parte integrante del benessere mentale. Ma la logica del dono della cultura è ancora più pervasiva perché invita la persona a dare tempo a se stessa e agli altri per fare un’esperienza non immediatamente quantificabile. Introduce cioè un elemento fondamentale di salute che è la consapevolezza di sé come prima life skills dell’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) nell’ottica della costruzione di una self care.
La relazione tra me e te, tra passato e presente, tra vivi e morti, tra corpo e mente, la relazione tra diversità di materie e segni, di culture e tradizioni, la relazione tra persone. Il contatto e il coinvolgimento nella cultura e nell’arte è una forma di educazione permanente al pensiero della relazione e sviluppa quelle competenza di salute fondamentali che sono l’empatia, la gestione delle emozioni, la costruzione e gestione dei legami: nella vita, dentro di sé, con gli altri. Da qui nascono quei fattori salutogenici, che sono indicatori rilevanti del benessere, come la costruzione di qualità sociale, l’aumento dei legami deboli e l’aumento di capitale sociale.
Pensare diverso dalle abitudini, vedere diverso dai propri soliti occhiali. In modo semplice e straordinario questo è uno degli elementi di salute più preziosi che la cultura e l’arte possono promuovere.
In un orizzonte di vita in cui il benessere fisico, mentale e sociale sono ostaggio di costruzioni di senso guidate da logiche scientiste o economiciste, in cui diventa sempre più difficile uscire dagli schemi di pensiero e di comportamento sedimentati dalla vita, l’esperienza culturale e artistica offre alla persona la possibilità di cambiare punto di vista, di mettersi nei panni di un altro, di interrogarsi fuori dalle dinamiche del conflitto e dei luoghi comuni, di sospendere il giudizio su sé e sull’altro e di immaginare altre possibilità per sé e per gli altri. Questo scarto di visione base del pensiero critico, anch’essa life skills OMS, è oggi una capacità di salute concreta non solo in termini di benessere fisico e mentale ma anche di opzione civile e politica.
Abbiamo bisogno di cambiare sguardo e di vedere da un nuovo punto di vista per costruire nuovi modi di convivenza radicati sul rispetto, la reciprocità e la responsabilità. E questo riguarda non solo la sicurezza e la salute, ma il senso della nostra stessa umanità.
Non tutta la cultura e l’arte però fanno salute e creano benessere. O meglio non tutti i modi di creare esperienza attraverso la cultura e l’arte.
Le best practice in Europa parlano chiaro. E’ là dove si esce dalla logica della mera trasmissione e della fruizione consumistica dell’opera e del patrimonio culturale, che accade per la persona qualcosa che gli fa bene, che cura, che stimola le sue capacità di essere lei stessa soggetto della propria salute e di chi gli sta vicino (e lontano).
E’ la partecipazione la parola chiave. Diventare attore del processo di creazione di significati e di bellezza. Quale che sia il linguaggio specifico, nel momento in cui il patrimonio culturale diventa l’obbiettivo da creare insieme si attivano risorse immense e il soggetto passa da quella che in medicina è la compliance ad essere lui stesso attore della propria cura.
Nella partecipazione attiva, possiamo dire ‘performativa’, ai processi culturali e artistici la persona riattraversa l’esperienza di usare il corpo per creare, conoscere in modo sperimentale, sviluppare il problem solving, risvegliare la memoria e l’immaginazione, apprendere per esperienza e riflessione, orientarsi, agire in modo attivo e responsabile, creativo e relazionale, espressivo e comunicativo, sensibile al bello universale e al bello particolare, libero e gratuito, individuale e comunitario.
La partecipazione culturale è esperienza di energia rigenerativa e di legami solidali. E’ il desiderio e insieme il passo deciso verso una guarigione individuale e collettiva dei corpi e degli spiriti.
Il welfare culturale è un’opzione reale per l’Europa, ma è anche e soprattutto un’opzione necessaria.
Il malessere dei suoi cittadini, vecchi e nuovi, è certamente iscritto in un malessere del pianeta più vasto, ma esso risulta tanto più doloroso visto da un angolo di mondo che dai tempi di Ippocrate e di Platone comprende l’opportunità straordinaria che l’arte e il bello offrono all’essere umano, al suo vivere civile e alla sua salute. Tale sapere, come lo straordinario patrimonio culturale materiale e immateriale europeo, è sopravvissuto nei secoli e ancora è vivo nelle azioni di molti cittadini, artisti, operatori, organizzazioni, istituzioni private e pubbliche. E’ vivo e cresce. E fa salute nei luoghi della cura e in quelli del lavoro, nella scuola e nelle piazze, con gli anziani e con i giovani, con i bambini e con gli adulti, con i malati e gli emarginati, con i disperati e con gli arrabbiati, con i cittadini e con le organizzazioni.
La politica può accoglierlo con orgoglio e agire perché da fermento diffuso divenga modello politico di azione. La scienza può tentare di spiegarne l’efficacia. In ogni caso esso continua ad agire dal basso e si diffonde. E tiene vivo in questa Europa così fragile, l’utopia concreta di una civiltà del buono e del bello (καλὸς καὶ ἀγαθός= bello e buono), una civiltà autentica del ben-essere.