Povertà materiale e povertà di reti di aiuto, disoccupazione, lavoro poco qualificato, basso titolo di studio sono tutti fattori, spesso correlati, che minacciano la salute degli individui. I cittadini in condizioni di svantaggio sociale tendono ad ammalarsi di più, a guarire di meno, a perdere autosufficienza, ad essere meno soddisfatti della propria salute e a morire prima. Mano a mano che si risale lungo la scala sociale questi stessi indicatori di salute migliorano secondo quella che viene chiamata la legge del gradiente sociale.
Riportiamo di seguito uno stralcio dell’intervento di Giuseppe Costa durante la Giornata Internazionale di Studio “Teatro, Salute e Disuguaglianze”, che si è tenuta il 1 febbaio 2018 a Torino. Costa, medico, insegna all’Università di Torino ed è coordinatore scientifico di programmi di ricerca per il contrasto alle diseguaglianze nella salute e nell’assistenza sanitaria a livello piemontese, nazionale ed europeo.
Ha coordinato il gruppo di lavoro incaricato dalla ministra della Salute di redigere il rapporto “L’Italia per l’equità nella Salute”, di cui ha presentato brevemente le conclusioni durante la giornata di studi. Pur partendo dalla considerazione che l’Italia è tra i paesi in cui i cittadini “in media” hanno un’aspettativa di vita tra le più alte al mondo, anche grazie all’equità e all’eccellenza del suo sistema sanitario, il rapporto evidenzia come queste medie nascondono una differenza di circa 3 anni nella speranza di vita a 30 anni tra un laureato e una persona con appena la scuola dell’obbligo. Analoghe differenze si evidenziano tra le diverse aree geografiche, a svantaggio del sud in Italia e a sfavore dei quartieri più poveri nelle nostre città come ad esempio Torino.
Il miglioramento della salute a cui abbiamo assistito in modo progressivo negli ultimi decenni non è uguale per tutte le classi sociali, ma anzi può subire anche delle interruzioni e delle inversioni.
Ad esempio, tra gli uomini in Italia negli anni Duemila si osservano più di cinque anni di svantaggio nella speranza di vita tra chi è rimasto in una posizione di operaio non qualificato rispetto a chi è approdato ad una posizione di dirigente, con aspettative di vita progressivamente crescenti salendo lungo la scala sociale. Il rischio di morire cresce con l’abbassarsi del titolo di studio; tra gli uomini fatto uguale a uno il rischio di un laureato, la mortalità cresce del 16% nel caso della maturità, del 46% nelle medie e del 78% nelle elementari. Questo fenomeno si ripete anche tra le donne e riguarda tutti gli indicatori di salute: ammalarsi, restare a lungo con la malattia e con le sue conseguenze, finire male a causa della stessa malattia.
Quando si parla di disuguaglianze di salute, dunque, è opportuno considerare non solo le fasce di popolazione più vulnerabili e disagiate, ma occuparsi di tutta la gamma di soggetti che vivono una condizione di svantaggio legato alla minore disponibilità di risorse economiche, culturali, ambientali e relazionali rispetto a chi occupa il gradino più alto della scala sociale.
Nonostante la situazione più favorevole dell’Italia, rispetto agli altri paesi, in tema di disuguaglianze sociali nella salute faccia leva sulla capacità protettiva che hanno alcune risorse tipiche del paese, come la dieta mediterranea, il sostegno della rete familiare, il ruolo del servizio sanitario nazionale, i determinanti sociali di salute rappresentano un bersaglio importante per guadagnare salute, migliorare il capitale umano del paese e diminuire la pressione sul fabbisogno di assistenza.