Nei passaggi più critici salgo anch’io sul tappeto e recito in italiano ma soprattutto con il mio corpo: ridono, mi applaudono, riprovano, io sto fuori a motivarli e dargli carica e la scena, magicamente, riesce!
Sta per volgere al termine la terza missione dell’operatrice di Teatro Sociale e di Comunità di SCT Centre, Paola Galassi, in Etiopia. Ecco la sua testimonianza.
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Sono arrivata in Etiopia per la terza volta, la mia ultima missione. Ho lasciato lo staff CIFA e il PAT – Plastic Awareness Team (un gruppo di 30 giovani artisti locali) tre mesi fa, così come il mio piccolo monolocale nel compound della signora Fekerta, che mi aspetta seduta a bere caffè sotto l’avocado che fa ombra nel cortile.
Questa missione è diversa, la inizio pensando che sarò meno a contatto con gli artisti e più nel ruolo di ideatrice, coordinatrice e regista del grande evento finale: la celebrazione del World Environmental Day 2019. L’Etiopia però come al solito riserva molte sorprese e mi ritrovo con un nuovo evento in programma, non ad Hawassa ma a Bahir Dhar, nel nord del paese. L’evento è promosso da DOW Chemicals, multinazionale americana, organizzato da Child Fund, un’altra NGO. Noi di CIFA portiamo i contenuti… e una grande carica di energia!
Ritrovo con immenso piacere i PAT per le prove pre-partenza e mi sorprendo del grande salto che hanno fatto nei miei tre mesi di assenza: gli asti e le dinamiche di competizione interne sono sparite, lasciando spazio ad un gran piacere dello stare insieme – finalmente non più suddivisi secondo i loro Youth Club di provenienza – ed un maggior senso di responsabilità. I ruoli interni si sono definiti, c’è chi si occupa di riordinare i materiali, chi della musica, chi riprende gli altri – e, con grande mio stupore, i ritardi diminuiscono dall’ora e mezza canonica a solo mezz’ora!
Per tre pomeriggi intensi proviamo tutto il repertorio, ritrovando con divertimento i riti iniziali e finali che ho utilizzato con loro durante i nostri training. Non sono solo loro ad essere diversi, ma anch’io: mi rimandano maggiore centratura, cercando di stuzzicarmi con la musica. Nelle pause caffè mi lascio trasportare dal loro entusiasmo e ballo insieme a loro, che si impegnano ad insegnarmi i passi di tutte le danze tradizionali delle diverse etnie (che, nella Regione dei Popoli del Sud, sono più di 40!). Finita la pausa ci ritroviamo sul nostro tappeto blu per provare lo show. Li osservo, li fermo, rifacciamo tutto da capo. Nei passaggi più critici salgo anch’io sul tappeto e recito in italiano ma soprattutto con il mio corpo: ridono, mi applaudono, riprovano, io sto fuori a motivarli e dargli carica e la scena, magicamente, riesce!
Hawassa e Bahar Dhar sono esattamente ai poli opposti del paese ed io ho deciso di avventurarmi con tutto il team nella traversata in autobus. Si parte alle 2 di notte e si fa il giro della città a recuperare tutti, su un bus 1st level cittadino, con i sedili ed i pali nel mezzo. Anche se non era previsto, carichiamo la cassa portatile e alle 3 iniziano la musica ed i canti a squarciagola. Il viaggio è una meraviglia di paesaggi, balli scatenati sulle curve, canti, video, pause pranzo in cui vengo ripetutamente imboccata come vuole la tradizione ed un mare, un mare di selfie. Arriviamo a Bahar Dahr dopo 25 ore di viaggio. Lascio gli artisti riposarsi, mentre io unisco l’utile al dilettevole e pranzo con lo staff di Child Fund, per definire i dettagli del giorno dopo.
Nel pomeriggio, fuori dalla guest house dove dorme il team, facciamo un cerchio per condividere il programma della giornata ed i nostri interventi: fare questo tipo di meeting con i PAT è sempre difficile, i loro corpi sono abbandonati, i volti annoiati, sembra sempre che non ti ascoltino o che non vedano l’ora che finisca. Ho imparato però a non farmi influenzare troppo dalla mia interpretazione di questi segnali, perché spesso le loro parole e le loro azioni poi mi contraddicono: alla fine hanno capito tutto, mi fanno domande e sono contenti.
La conferma avviene il giorno dopo: il team è pronto e carico! Metà gruppo si ferma al luogo di arrivo della parata, dove avverrà lo spettacolo, per montare la scenografia e fare una prova audio. L’altra metà raggiunge il cortile della scuola primaria da cui partirà il clean-up, ovvero la raccolta di immondizia per strada. Il cortile è già pieno di bambini, lo staff è su un piccolo palco di cemento, le casse sul minibus pompano musica. L’attesa sarà tanta, stiamo aspettando “gli ospiti” in arrivo direttamente dagli United States e dobbiamo intrattenere i bambini. Sguinzaglio i PAT, di cui ormai conosco le abilità: c’è chi recita poemi sul palco, chi balla, chi coinvolge i bambini in salti, cerchi e motti, chi fa scherzi, chi fa circo, chi sale sul minibus e si appunta le ultime frasi, i messaggi di sensibilizzazione da comunicare al microfono. Poi lentamente i PAT si sparpagliano per il cortile e, una volta consegnati guanti, borse e mascherine ai bambini, ecco che parte il segno di inizio clean-up: il nostro BIG DANCE Flash Mob! I bambini impazziscono e corrono a guardare i danzatori, così come gli ospiti di DOW Chemical, che si avvicinano incuriositi e muniti di GoPro e cellulari.
Il corteo parte con entusiasmo, i PAT rilanciano cori, ritmi a suon di bottiglia, cerchi , trenini e corse, fino al luogo di arrivo. Lì, dopo qualche imprevisto tipico etiope (ritardi, incomprensioni, autorità che non si presentano) inizia il laboratorio scientifico tenuto da uno degli animatori formati da Paolo Legato, direttore di MAcA, e subito dopo è il momento dello spettacolo.
Io mi metto alle musiche e li seguo con tutta me stessa, mimando, ballando, ogni tanto imprecando – ma poco, perché è decisamente la replica più bella che gli ho mai visto fare. Oltre agli invitati, attorno alla piazza si è formato un capannello di gente rapita dallo show; lo staff di DOW Chemical viene invitato sulla scena durante le danze finali e a fine evento ci chiamano per fare una grande foto di gruppo: i PAT hanno fatto colpo, vengono riempiti di complimenti durante i discorsi ufficiali di ringraziamento e durante il pranzo a buffet, vista lago.
Come operatrice, sono felice e soddisfatta: il gruppo ha dimostrato una grande professionalità, senza tradire l’anima caciarona. Ci premiamo con una gita sul lago – la barca sconquassata dai canti – ed una serata in un ristorante tradizionale con musica e ballerini, che vengono sfidati dai miei danzatori direttamente sul palco!
Io brindo con loro con un’ampolla di tejj (alcolico tradizionale a base di miele) in mano e mi chiedo: d’altronde, come si può non innamorarsi di questi giovani e della loro passione?