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Gioco dell’oca, teatro e comunità

LE ORIGINI DEL GIOCO
Il Gioco dell’oca è un gioco di percorso molto antico: alcuni documenti degli antichi Egizi o alcuni reperti dell’antico popolo cinese dimostrano che questo tipo di giochi era già utilizzato migliaia di anni fa. In Italia risale al 1580, quando Ferdinando I De’ Medici (Granduca di Toscana) lo regalò al Re di Spagna Filippo II e ben presto il gioco si diffuse a corte. Nel 1600, vennero stampati i primi tabelloni e il gioco si diffuse in tutta l’Europa. Le caselle sono tradizionalmente 63: chi capita su una delle 13 caselle occupate dalle oche raddoppia il proprio punteggio e avanza più velocemente. Le oche rappresentano l’idea del bene e della fortuna, mentre le altre caselle sono le avversità e gli ostacoli che si incontrano nella vita.

ETIOPIA

Il gioco OCA, realizzato attraverso la metodologia del Teatro Sociale e di Comunità (TSC), è stato utilizzato dal Social Community Theatre Centre all’interno di progetti di cooperazione internazionale in Etiopia. Qui, il gioco, dal titolo “the path of life”, è stato usato per sensibilizzare gli studenti di scuole primarie e secondarie sui rischi della migrazione irregolare. Ai partecipanti è stato chiesto di drammatizzare alcune situazioni chiave del percorso.

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IL GIOCO E L’IDEA DEL VIAGGIO
Il gioco dell’oca è servito allo scenografo Maurizio Agostinetto come ispirazione per il lavoro sui sentieri della Val d’Aosta, che ci ha raccontato durante il quarto weekend di formazione del progetto italo-francese Terract.

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Era in cammino per Santiago del Campostela e notò che in molte delle chiese che incrociava erano raffigurate delle oche. Quando arrivò a Pamplona vide che sul sagrato di una chiesta, come un bassorilievo, era scolpito un gioco dell’oca.
Mettersi in cammino significa entrare in una dimensione di instabilità che riguarda il nostro destino, che è molto simile al gioco dell’oca. Si affrontano tappe, ostacoli, pericoli. Ogni mattina che Maurizio intraprendeva il cammino in bici, era come se lanciasse dei dadi: se avesse piovuto, avrebbe dovuto ripararsi; se avesse bucato  una gomma, avrebb dovuto fermarsi; se avesse sbagliato strada, sarebe stato costretto a tornare indietro. Cosi si rese conto che il gioco dell’oca rappresentava simbolicamente il viaggio che stava facendo.
Maurizio ci ha raccontato anche che durante il viaggio notò di avere spesso dei dejavu, provando quella sensazione di vivere il passato nel presente. Il dejavu è rappresentato graficamente nel gioco dell’oca: il verso è antiorario, il tempo torna indietro. Quando si viaggia, in realtà si sta viaggiando a ritroso nel tempo dentro se stesso. L’incontro tra passato e presente riguarda la nostra percezione della realtà: durante il viaggio abbiamo momenti di meraviglia per le cose che non conosciamo, e dei momenti di incanto in cui riconosciamo ciò che già conosciamo. Questo è molto tipico di chi fa teatro, e racconta ciò che conosce per renderlo storia, mito.All’inizio del viaggio del cammino di Santiago, Maurizio aveva scelto 35 soggetti, suddivisi in 7 diverse versioni, da cercare nel paesaggio una volta in marcia. Si era prefigurato queste 245 immagini prima di partire, per esser pronto a vederle e riconoscerle durante il viaggio. Quando incontrava quell’immagine, viveva un’emozione che si portava dentro fino all’immagine successiva.
Da qui l’idea di costruire degli oracoli, che i viandanti lungo i sentieri della Valle d’Aosta potevano interrogare e interpretare come massime valide per il loro tragitto fino alla tappa successiva, per l’intero cammino o per la loro vita. Per costruire gli oracoli, Maurizio ha lavorato con gli anziani dei paesi attraversati dai sentieri o con i bambini delle scuole in modo da raccogliere storie e leggende locali e renderle attraverso gli oracoli.