Alessandra Rossi Ghiglione
Elisa Denti, Fabrizio Stasia
Francesca Carnevali
Una produzione SCT CENTRE/Teatro Popolare Europeo in collaborazione con UniTo Dipartimenti di Scienze della Sanità Pubbliche e Pediatriche, Studi Umanistici, Psicologia, di Filosofia e Scienze dell’Educazione, Neuroscienze.
Lo spettacolo #SPES nasce, nell’ambito del progetto di ricerca SPES dell’Università di Torino, per un pubblico di insegnanti, genitori, educatori, adulti che hanno la volontà e il coraggio di comprendere una delle esperienze più dolorose del mondo degli adolescenti, quella di un disagio mentale che porta alla morte.
Lo spettacolo offre informazioni ed emozioni che, insieme alla lezione/incontro di educazione sanitaria che segue lo spettacolo, costituiscono un’unica e speciale proposta formativa per comprendere e riconoscere i segnali e attivarsi in modo efficace nell’incontro con una persona giovane in difficoltà, che sia alle medie o alle superiori.
Il teatro da sempre è uno spazio artistico attraverso il quale è possibile nominare e rendere visibile i temi, anche più scuri, che abitano una società e che la muovono a livello profondo. Il suicidio o il tentato suicidio di una persona giovane è una “cosa irraccontabile”, dice a un certo punto lo spettacolo. E questo è vero, ma sono raccontabili le circostanze che possono creare quel disagio e quella sofferenza profonda che toglie speranza in un cambiamento e in una via d’uscita.
#SPES accoglie questa sfida partendo dai racconti, dalle suggestioni musicali e dai gesti raccolti in un lungo percorso di laboratori teatrali condotti con adolescenti ricoveratɜ nel reparto di Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Regina Margherita, con professionistɜ della salute mentale, pediatrɜ, infermierɜ ed educatorɜ e con insegnanti di scuola medie e medie superiori. Tre gruppi di persone che hanno, in modo diverso, attraverso il teatro sociale e di comunità, condiviso consapevolmente la loro esperienza con il disagio mentale e con il suicidio per contribuire alla realizzazione di questo spettacolo.
Le parole dello spettacolo sono quasi tutte, tranne poche, parole di adulti. Perché i ragazzi e le ragazze non parlano, se non dopo, in ospedale, nei lunghi e difficili percorsi terapeutici di recupero. Ma lɜ adolescenti, come ogni adolescente di ogni generazione, hanno le canzoni. Lo spettacolo propone una drammaturgia fatta di video musicali e testi recitati che si intrecciano, in cui i testi delle canzoni sono parole che raccontano quanto le battute dellɜ due attorɜ. Tutti i video dello spettacolo, anche con le loro immagini a volte forti a volte algide, sono stati suggeriti da adolescenti per parlare della loro condizione di disagio.
La scelta artistica è quella di assumere fino in fondo la distanza reale che separa il mondo delle persone adulte, una generazione che è stata adolescente tra gli anni Ottanta e Novanta, e quello dellɜ ragazzɜ che sono adolescenti in questi anni Venti del Duemila. Nessuno degli attori interpreta unə adolescente. Anzi lo spettacolo stesso inizia con la narrazione proprio di questa distanza di esperienza tra l’adolescenza passata delle persone adulte e l’adolescenza di oggi.
La radicale diversità della comunicazione – che incide sia sulle relazioni tra pari che sulla costruzione di un immaginario fatto di storie forti consumabili da soli e in fretta – così come il senso di apocalisse in cui la Storia si mostra in questi anni di guerre, crisi e pandemie a questa generazione, sono due aspetti che creano una condizione emotiva e relazionale profondamente diversa per questa generazione. In questo humus vivono lɜ ragazzɜ di oggi, senza un “futuro dal colore chiaro”.
In questo humus possono più facilmente diventare distruttivi fatti quali l’ansia per un voto, il dolore della separazione dei genitori, le prese in giro anche crudeli dei compagni, tutti fatti sempre esistiti per ogni adolescente ma oggi vissuti con molta maggiore intensità.
La scuola è lo spazio di vita dove unə adolescente passa la maggior parte del proprio tempo e manifesta il proprio disagio e in questo spazio lɜ insegnanti possono cogliere segnali, che sono sempre di difficile interpretazione, e rispetto ai quali non sempre si sa come attivarsi. Anche questo è racconto di insegnanti nello spettacolo.
Se il mondo “bianco e azzurro” dell’ospedale è il mondo faticoso e necessario in cui l’aggrovigliarsi delle emozioni e dei pensieri può essere dipanato lentamente da operatorɜ essɜ stessɜ carichɜ e affaticatɜ da tanto dolore, ogni mondo adulto – la famiglia, la scuola, la società civile – può testimoniare concretamente speranza e fiducia nella vita, può testimoniare nei fatti che dopo “la pioggia e la nebbia” può sempre venire il sole.
Lo spettacolo si chiude su una canzone degli anni settanta oggi reinterpretata e diventata virale grazie a una serie su un’adolescente problematica, Mercoledì Addams. Centinaia di balli ispirati a questa musica – di bambinɜ, adolescenti, genitori, famiglie intere – hanno invaso i social negli ultimi mesi. È una moda effimera, ma è anche il mondo in cui abitano i ragazzi e le ragazze, quello dei reel e delle serie. Possiamo ignorarlo o possiamo ballare insieme, vecchi e nuovi adolescenti.
Vuoi saperne di più su #SPES? Sei interessatə a organizzare una replica nella tua realtà? Compila il form e ti contatteremo il prima possibile.
Risorse del progetto
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La crisi climatica ci investe con notizie quasi quotidiane su giornali, telegiornali, social. Una mole di dati e informazioni complesse accompagnano i racconti di una catastrofe prossima ventura, che ci lascia impotenti e in ansia. Questa narrazione provoca paradossalmente una rinuncia all’azione.
La sfida di Cabaret Artico, nato nell’ambito del progetto europeo Green Ethics, è quella di raccontare attraverso il teatro la crisi climatica con realismo, ma anche con speranza, partendo dai dati scientifici che documentano in modo inequivocabile come l’attuale cambiamento climatico è prodotto dall’azione umana, ma raccontando anche le possibilità di un futuro equo e sostenibile ancora oggi percorribili.
E, come racconta lo spettacolo, il futuro che ci aspetta non dipende solo dalla scelta individuale di cambiare il proprio stile di vita, ma ancor più da un impegno collettivo che riguarda cittadinɜ, politica locale e globale. “Libertà è partecipazione” diceva Gaber, e la sfida che pone il cambiamento climatico è una sfida comune, politica, collettiva, presente. Non delle prossime generazioni, ma di noi tutti oggi.
Florence ha 200 anni, Teresa poco più di trenta e vive la professione infermieristica con vocazione, grinta e determinazione, e anche con ironia e cuore, molto. Florence ha ricevuto a suo tempo come una chiamata, una vocazione per la cura che la fa rinunciare ad avere una famiglia sua, che la costringe a porsi con forza nei confronti della sua famiglia d’origine e della società e a scegliere l’esercizio dell’assistenza ai malati non come carità o servizio secondario ma come piena professione di donna competente e libera.
Mito e realtà si incontrano sul palco in una scelta registica insolita: Florence è un personaggio, interpretato da un’attrice professionista, mentre Teresa è semplicemente se stessa, attrice sul palco perché nella vita è un’infermiera, veramente. Lei sarà la voce dell’oggi e della gioventù, di chi nella trincea del Covid esercita con passione quei valori che Florence ha messo a fondamento di ogni gesto di cura. Oggi Florence Nightingale è ancora un riferimento per ogni giovane che decida di intraprendere la professione infermieristica, proprio come un mito a cui tendere, che si fa esemplare su più livelli: quello della cura, quello della professione, quello dell’identità di genere.
Due vite in scena, due luoghi temporali che dialogano. Passato e presente si rincorrono per dire della cura e della sua sapienza, dell’essere donna e mai dimenticarlo, e in entrambi i casi combattere per proteggerne il senso. Per dare voce al ruolo di chi ogni giorno si sta battendo per la salute di tutti.
Math Scare Boom è uno spettacolo-conferenza che nasce all’interno del progetto Erasmus+ TIM – Theatre in Mathematics nel quale SCT Centre | TPE è in partnership con tre realtà europee: Università di Bergen (NO), Politecnico di Creta (GR) e la compagnia teatrale Asta (PT) per affrontare il tema della paura della matematica con studenti e studentesse della scuola primaria e secondaria di primo grado. La drammaturgia, secondo la metodologia del Teatro Sociale e di Comunità, è stata creata a partire dalle interviste con giovani della scuola italiana, norvegese, portoghese e greca. Le loro risposte sono diventate stimolo per il lavoro di creazione con il gruppo di performer dei diversi paesi coinvolti nel progetto, che hanno portato nel processo la loro esperienza con la matematica a scuola e nella vita.
Protagonista dello spettacolo è Viola, un’adulta che, come molti, ha conosciuto la paura della matematica da bambina, e non l’ha più abbandonata. Per uno strano equivoco, però, Viola, che è insegnante di educazione fisica, si trova a vestire proprio i panni di un’insegnante di matematica: è la stessa preside della scuola a imporle questo ruolo, comunicando attraverso un altoparlante. Questa circostanza la porta a recuperare memorie lontane: una compagna di classe bravissima in matematica, una lettera alla signora Matematica, interrogazioni sulle tabelline in cui c’è sempre un numero che non arriva mai… Il ricordo di Ada, zia sportiva e divertente che è stata per lei un’insolita insegnante di matematica, insieme alla voce-guida della preside e all’aiuto del pubblico, faranno finalmente scoprire a Viola che, per capire i numeri e la geometria, è importante giocare a guardare il mondo con occhi diversi: cercare la matematica nella realtà, nelle forme di un campo da calcio come nella spirale di una conchiglia.
OnStage+ è una produzione Social Community Theatre Centre (SCT Centre) – Teatro Popolare Europeo, e nasce dal progetto OnStage(nON Stare a GuardarE) sviluppato in collaborazione con Unito Dipartimenti di Psicologia, Studi Umanistici, Giurisprudenza, Studi Storici, Culture Politica e Società e Informatica, Cirsde, Direzione Generale e CUG – Comitato Unico di Garanzia.
Si tratta di un progetto artistico ed educativo in forma di performance interattiva realizzato attraverso la metodologia del Teatro Sociale e di Comunità sui temi della parità di genere, di pluralità di modelli di maschile virtuosi e di contrasto alle discriminazioni LGBTQIA+.
Lo spettacolo, creato a partire da una serie di ricerche, interviste e workshop con cittadini, studenti e studentesse, coinvolge il pubblico attivamente, attraverso linguaggi performativi e continui espedienti volti ad accendere la riflessione sul tema delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale.
Lo spettacolo nasce all’interno del progetto MatemACT – Playing with mathematics, vincitore del bando MIUR 2021 (oggi MUR e MI) per progetti di divulgazione della cultura scientifica, è realizzato da SCT Centre con Teatro Popolare Europeo per la produzione dello spettacolo e Il Mutamento per la distribuzione delle repliche del progetto.
– Roya Mahboob, 25 anni, informatica e influencer afghana.
Contaci! pone il problema della discriminazione di genere nell’ambito delle scienze dure e, insieme, invita a scoprirle. Nel viaggio alle radici della propria paura, Viola, l’unica attrice in scena, ritrova infatti le scoperte di donne geniali, la curiosità per il gioco matematico, la bellezza di una materia che deve essere di tutte e tutti. Lo spettacolo usa i linguaggi del teatro di narrazione e del teatro fisico. La drammaturgia è stata creata intervistando donne di scienza e raccogliendo materiali tra studenti e studentesse.
Lo spettacolo:
OCA: L’arte che allena il pensiero nasce da un progetto di teatro sociale e di comunità realizzato da SCT Centre | COREP insieme al Polo del ‘900 e Fondazione S-nodi, vincitore del “Bando CivICa” – progetti di Cultura e Innovazione Civica e riconosciuto come best practice nel settore del gaming ed edutainment.
OCA è il risultato di un percorso di 2 anni di studio e ricerca. I contenuti del gioco sono stati progettati in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino – Dipartimenti di Studi Umanistici, Psicologia, Giurisprudenza, CIRSDE – con il coinvolgimento di un comitato esperto e alla sua realizzazione hanno collaborato gruppi e associazioni impegnate in campo civile per un totale di circa 120 abitanti: giovani, adolescenti, donne di diverse culture, figure professioniste del mondo dell’educazione e del sociale, team di ricerca universitario hanno partecipato a un programma di workshop e incontri tra febbraio 2020 e maggio 2021. Gli studenti e le studentesse dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino hanno progettato e realizzato in chiave artistica le caselle che compongono il classico gioco dell’oca e che compone la scenografia della performance.
Si tratta di una performance interattiva, un gioco dell’oca che allena il pensiero critico del pubblico e che lo rende protagonista delle proprie decisioni e dell’andamento dello spettacolo.
Un presentatore, tre interpreti, musica dal vivo del trio jazz Hot Pots, un tecnico, 50 tessere disegnate dagli studenti e dalle studentesse dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Pedine, dadi giganti e tessere disposte intorno al pubblico che, diviso in due squadre, segue lo sviluppo del gioco scoprendo man mano i contenuti delle caselle.
Il pubblico si divertirà ad affrontare quiz, scene interattive, monologhi teatrali, icone di grandi personaggi, domande di educazione civica, storie esemplari e modelli di vita virtuosa. In questo modo assorbirà informazioni a tematica sociale e romperà in modo facile e divertente dinamiche mentali che portano alla formazione stereotipi e bias.
Ci occupiamo di progettazione, ricerca e valutazione, sviluppando eventi e laboratori di arti performative che promuovono la partecipazione culturale e sociale attraverso la metodologia di Teatro Sociale e di Comunità.
SEDE LEGALE
c/o Teatro Popolare Europe Ets
via Senta, 2
10080 Alpette (To)
SEDE OPERATIVA
c/o Spazio BAC
via Cottolengo, 24 bis
10152 Torino
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